La forme de l’ame
Quando tutto è perduto, quel che resta è il corpo. Corpo che sente, corpo che si muove e che danza, corpo che trema. Corpo esposto, accarezzato, toccato, rischiarato dalla luce. Nel Barocco la luce era l’elemento che evidenziava, forse per la prima volta, l’esposizione e la spogliazione del corpo, la differenza tra interiorità ed esteriorità, la fragilità dell’essere e l’estasi dei sensi. La pelle nuda – non può che essere altrimenti – non è più solo involucro ma anche soglia: apertura dei sensi esposti verso l’esterno e fragile membrana tesa sulla caverna interiore dell’essere: La pelle annuncia che questo corpo che consegna ha la forma di un’anima. Luce, pelle, corpo, essere: Il corpo nudo rischiara in modo del tutto differente ciò che gli è intorno; quale che sia il colore della sua pelle, propaga un sordo chiarore che fa ombra al mondo circostante. L’evidenza e la certezza delle cose vacillano. […] Il mondo non è più garantito, e la sola assicurazione che sussista non è affatto quella di una sostanza. È quella di un soggetto, senza dubbio – è certo che là ci sia qualcuno (qualcuna) – ma di un soggetto nel senso di un evento singolare e fragile, inafferrabile, tremante. Questo soggetto non trema né di freddo, né di vergogna, né di timidezza: trema di essere. (Jean-Luc Nancy) L’immagine del corpo, del corpo nudo, è al contempo rassicurante e oscena. Rassicurante perché famigliare, ma al contempo il nostro essere spettatori ci ricorda, ci obbliga a ricordare, che ognuno di noi è un corpo. Come spietatamente costatava Michel Foucault, posso pure andarmene in capo al mondo, nascondermi sotto le coperte la mattina, farmi il più piccolo possibile, posso pure liquefarmi al sole su una spiaggia, lui [il corpo] sarà sempre là dove sono io. É irrimediabilmente qui, mai altrove. […] Il mio corpo è il luogo a cui sono condannato senza appello.

Performer: Elena Boillat